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Perché Dio non ci ascolta?
di Gianpaolo Anderlini
Prefazione
Tra domanda e responsabilità
Perché Dio non ci ascolta? È una domanda drammatica che ogni persona credente, o che perlomeno ammette la possibilità dell’esistenza divina, si pone. Molto ebraicamente si potrebbe rispondere con altre domande: “Ma siamo sicuri che non ci ascolta?”. Oppure: “Ma perché dovrebbe ascoltarci?”. Al di là delle facili ironie, con le quali gli ebrei talvolta sublimano e aggirano le difficoltà di questi nodi teologici, la questione mette alla prova la fede e tormenta il fedele. C’è il grido di chi soffre per un male suo o dei suoi cari o di altri esseri umani o di altri esseri viventi, e che rimane impotente da vanti al dispiegarsi del male in tutte le sue forme e le sue forze, che cerca un aiuto in alto e fa fatica a pensare che questo aiuto non arrivi in risposta al suo grido. Meglio allora abbandonarsi silenziosamente e fiduciosamente nelle mani di una Provvidenza che forse non provvede – o almeno non dà segno di farlo –, o provare a fornire con gli strumenti limitati della nostra ragione qualche risposta, scavando nelle informazioni che i testi antichi ci danno? Nella prima eventualità ci vuole una grande fede e/o un’indole mansueta e/o uno spirito non critico, o selettivamente critico, che evita certi temi. Nella seconda eventualità il cammino è arduo, perché gli insegnamenti antichi quando affermano qualcosa con certezza si scontrano con un’evidenza apparentemente opposta, e quando si pongono in una dialettica di domanda e risposta sono molto più efficaci nelle domande che convincenti nelle risposte.
Gianpaolo Anderlini, scrittore prolifico di opere tanto piccole quanto ricche di significati, ricercatore attento e curioso dei percorsi della teologia ebraica e di quanto essa possa suggerire alle persone di questo mondo oggi, si è avventurato nei misteri della domanda radicale, ha elaborato dati tradizionali dalla Bibbia al midrash al chassidismo e ha riassunto le sue osservazioni in questa densa opera. Che ovviamente non può concludersi con certezze ma solo ipotesi, e anche la frase finale, preceduta da una risposta, inizia con un “forse” e finisce con un punto interrogativo.
Grida forse inascoltate non sono mancate nel secolo scorso, culmine della malvagità umana e della sofferenza ebraica, e il secolo che si apre non promette molto meglio. La lettura di quest’opera aggiungerà conoscenza al problema, e sarà uno stimolo, spero, alla riflessione etica sulle nostre responsabilità, su cosa noi dobbiamo fare, oltre che parlare o gridare a Dio, anche se forse non ci ascolta.